4.3. L’histoire des villes italiennes : Venezia
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 - les “iles en sel”
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Isole in sale Un romanzo pubblicato trent’anni fa dallo scrittore veneziano Enrico Palandri si intitolava Le pietre e il sale : il titolo sembrava voler attirare l’attenzione sugli elementi inorganici o cristallizzati più che sulla materia vivente di Venezia. E il turista che la visita frettolosamente in genere non conserva nella memoria gli innumerevoli giardini,  alcuni visibili molti nascosti, ma le forme sinuose del gotico fiorito che animano le bifore e le trifore dei palazzi in pietra d’Istria e la salsedine che ne erode inesorabilmente i muri e le fondamenta. Questa non è una premessa all’ennesima variazione sull’interminabile morte di Venezia : il sale che corrode e costringe a continui interventi di manutenzione, il sale che i Romani sparsero su Cartagine affinché non vi crescesse più un filo d’erba è stato per Venezia, come il mare in cui è disciolto e la minaccia periodicamente con il suo abbraccio mortale, fonte di vita e sostentamento. Grazie alla continua mescolanza con l’acqua più salata del mare la laguna può rigenerarsi e purificarsi. Il sale conservava i cibi dalla putrefazione e i marinai potevano affrontare lunghi viaggi senza morir di fame. Estratto dalle saline di Cannaregio, Dorsoduro, Sant’Erasmo, Murano, Torcello, Pellestrina, Chioggia, fu la prima merce di scambio, la moneta usata dagli abitanti delle lagune e al sale sembra si debba lo stesso toponimo fondamenta: fondamentum salinarum era “un complesso unitario di saline” [“Il sale a Venezia”, Archeovenezia, n. 1-2 giugno 2006]. La magistratura al Sal era una delle più importanti della Serenissima e per garantirsi il monopolio della produzione e del commercio dell’oro bianco  i veneziani affrontarono guerre lunghe ed estenuanti. Se una scuola veneziana che intende trapiantare in Laguna una forma d’arte radicata in altre tradizioni culturali usando materiali autoctoni sceglie di sostituire i fiori con il sale, questa non può che apparire una scelta felice. La scuola è secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo Francesco Morosini di Venezia, il progetto che sta portando a compimento è intitolato Isole in sale. All’origine, la mente visionaria di un’artista dalla vita avventurosa, Lucia Spampinato. Nata in uno dei luoghi più propizi alle visioni, la barocchissima Noto, cresciuta a Pachino e diplomata all’Accademia di Belle Arti di Venezia, ha lavorato per il cinema e per il teatro facendo contemporaneamente una brillante carriera di restauratrice: è intervenuta, fra l’altro, sugli affreschi della Scuola Grande della Misericordia. Fra le sue molte passioni c’è anche l’insegnamento, in cui ha deciso alla fine di convogliare i suoi talenti e la sua forza creatrice. Professoressa di “Arte e immagine” nella scuola media dell’Istituto Comprensivo, ha voluto coinvolgere gli allievi “in un’esperienza forte”, in cui potessero realizzare “qualcosa di pratico e bello per la propria città”, per capire che Venezia non va sfruttata commercialmente, consumata, ma salvaguardata senza secondi fini, all’insegnπa della gratuità. Delle varie esperienze artistiche da proporre, quale la più gratuita, la meno invasiva, la più effimera in senso buono, cioè nel senso che si crea con fatica ed impegno la bellezza, assaporandola e poi lasciandola svanire naturalmente senza rimpianti ? Si potrebbe pensare alle sculture di sabbia o di neve, ai disegni dei madonnari, ai mandala buddisti o anche a certe forme di street art, se non fosse che queste ultime non svaniscono rapidamente. Ma Lucia è membro del gruppo Opificio 4 di Noto (presieduto da Giampaolo Leone), collegato all’ Associazione Internazionale delle arti effimere, e l’arte effimera più praticata dal gruppo è quella dell’Infiorata, nella quale si realizzano  con i petali dei fiori  quadri che fanno da tappeto a processioni o altre manifestazioni. La prima venne fatta a Roma il 29 giugno 1625 in occasione della festa di S. Pietro e Paolo, poi anche Gian Lorenzo Bernini si occupò dell’allestimento di alcune infiorate e probabilmente fu lui a diffonderne la pratica nei Castelli romani, in particolare a Genzano, dove dalla fine del Settecento si realizzano in occasione della processione del Corpus Domini. Nel corso del tempo la tradizione si è propagata in molte altre città italiane e anche straniere; 37 anni fa un giovane di Noto ammirò l’Infiorata di Genzano e la trapiantò nella sua città. I petali dell’Infiorata sono come tessere di un mosaico, quindi a Venezia, segnata dall’impronta bizantina, questa tecnica di composizione sembra familiare, tanto più se il mosaico è composto da cristalli di sale. Le classi di Lucia seguono l’indirizzo artistico e sono coinvolte nel progetto pilota “Crescere con arte” ideato dalla professoressa Anna Gigoli. Sottoposto all’approvazione del Collegio dei docenti, del Dirigente scolastico Roberto Baretton e dell’Assessore allo Sport, Turismo e Spettacolo Paola Mar, il progetto Isole in sale ha quindi incontrato un consenso unanime ed entusiasta. Il tema riguarda le cinque isole maggiori della laguna : Murano, Burano, San Lazzaro degli Armeni, Sant’Erasmo, Torcello.  In collaborazione con la Polisportiva Venexiana di Gloria Rogliani, campionessa di voga e profonda conoscitrice dell’ecosistema lagunare, gli allievi hanno percorso le isole in dragon boat e in vaporetto e hanno acquisito conoscenze storiche e geografiche su quell’ambiente. I ragazzi delle seconde hanno scattato fotografie a cui si sono ispirati i compagni di terza per tracciare su cartoncino i disegni che sono stati trasferiti su cinque pannelli rettangolari, riempiti poi con il sale colorato dai ragazzi  assieme ai maestri di Opificio 4  e disposti a raggiera ; ogni pannello rappresenta un’isola, mentre nel sesto pannello circolare al centro della raggiera è raffigurata l’allegoria di Venezia che ha in mano il logo Unicef (l’Istituto Morosini è una delle poche scuole italiane ambasciatrici UNICEF). I pannelli occuperanno la pavimentazione di Campo San Geremia dal 29 maggio all’8 giugno. In una sorta d’esperienza di arte totale, l’esposizione dei pannelli in campo sarà accompagnata da un concerto dell’orchestra d’archi dell’Accademia di Musica G. Verdi (musiche di Galuppi e di altri autori veneziani) e da un breve spettacolo teatrale dell’Associazione Arte-Mide sul merletto di Burano (progetto promosso dalla Regione Veneto e dall’Unesco). Poi i cristalli di sale spariranno dal Campo; potrebbero essere spazzati via come un mandala che alluda alla caducità delle cose e alla loro rinascita (essendo la distruzione necessaria alla creazione di nuova vita) e che educhi a vivere l’istante intensamente. Ma Lucia spera che ogni pannello possa tornare all’isola da cui proviene,  e lì restare. E’ inevitabile il rimando all’opera del grande poeta veneziano Ugo Foscolo, che volendo rilanciare il messaggio di vita dei classici, del trionfo della creazione sulla distruzione, alternò nella sua scrittura simboli di fecondità legati all’acqua e simboli di morte connessi all’aridità, mostrando anche la duplicità di ogni simbolo. In A Zacinto, le sacre sponde dell’isola evocavano una parola latina, sponda, che poteva significare anche bara ; il corpo che vi giacque fanciulletto, come il corpus latino, alludeva anche al cadavere; l’Itaca a cui era tornato Ulisse era “petrosa” … come la Venezia di Le pietre e il sale. Dopo la sepoltura del poeta in terra straniera, il suo canto sarebbe tuttavia tornato alla terra materna, la sua arte, effimera o capace di permanere nella memoria umana, sarebbe stata comunque fonte di nuova vita.  (Texte et traduction : Marialuisa Vianello)
Cet article évoque la présence du sel dans l’histoire de Venise, à travers une exposition préparée par une classe d’élèves d’un Lycée vénitien ; il s’agit aussi du sel de cinq îles de la Lagune, d’où le titre : Îles en sel. Il rappelle également l’art italien des “infiorate”, les tapis de pétales qui ornaient les avenues lors des grandes processione dès le XVIe siècle : ancien art éphémère !
Iles en sel Un roman publié il y a trente ans par l’écrivain vénitien Enrico Palandri s’intitulait Les pierres et le sel  : ce titre semblait vouloir attirer l’attention sur les éléments inorganiques et cristallisés plutôt que sur la matière vivante de Venise. Et en général le touriste qui la visite en vitesse ne garde pas en mémoire ses innombrables jardins, certains visibles beaucoup d’autres cachés, mais les formes sinueuses du gothique fleuri qui animent les fenêtres jumelées  et trilobées des palais en pierre d’Istrie, et les traces de sel qui en usent inexorablement les murs et les fondations. Celle-ci n’est pas une prémisse à l’énième variation sur la mort sans fin de Venise  : le sel qui érode et oblige à des interventions continues d’entretien, le sel que les Romains répandirent sur Carthage pour que n’ y pousse plus un brin d’herbe a été pour Venise, comme la mer dans laquelle il est dissous et qui la menace de temps à autre par son étreinte mortelle, une source de vie et de subsistance. En se mélangeant à l’eau plus salée de la mer, la lagune peut se régénérer et se purifier. Le sel préservait les aliments de la putréfaction et les marins pouvaient aborder de longs voyages sans mourir de faim. Extrait des salines de Cannaregio, Dorsoduro, Sant’Erasmo, Murano, Torcello, Pellestrina, Chioggia, il a été la première monnaie d’échange utilisée par les habitants des lagunes et le  toponyme de fondamenta semble être dû au sel  : fondamentum salinarum était «  » (Le sel à Venise, «  Archeovenezia  », n.1-2 juin 2006). La magistratura al sal était une des plus importantes de la Serenissima et pour s’assurer le monopole de la production et du commerce de «  l’or blanc  » les vénitiens ont soutenu des guerres longues et épuisantes. Si une école vénitienne qui souhaite transplanter dans la Lagune une forme d’art enracinée dans d’autres traditions culturelles en utilisant des matériaux autochtones choisit de remplacer les fleurs par le sel, ce choix ne peut que paraître heureux. L’école en question est le Lycée de l’Etablissement Francesco Morosini, le projet qu’elle est en train de réaliser s’intitule Iles en sel. A l’origine, l’esprit visionnaire d’une artiste à la vie aventureuse, Lucia Spampinato. Née dans un des lieux les plus propices aux visions, la ville sicilienne hyper baroque de Noto, grandie à Pachino et diplômée à l’Académie des Beaux Arts de Venise, elle a travaillé pour le cinéma et le théâtre, en suivant en même temps une brillante carrière de restauratrice  : elle est intervenue, entre autres, sur les fresques de la Scuola Grande della Misericordia. Parmi ses passions multiples il y a également l’enseignement, où elle a décidé enfin de canaliser ses talents et sa force créatrice. Professeur d’  «  Art et image  » au lycée, elle a voulu impliquer les élèves «  dans une expérience forte  », par laquelle ils puissent «  réaliser quelque chose de pratique et de beau pour leur ville  », pour comprendre que Venise ne doit pas être  exploitée commercialement, consommée, mais sauvegardée sans arrière-pensées, d’une manière désintéressée. Parmi les diverses expériences artistiques qu’elle aurait pu proposer, quelle était la plus gratuite, la moins envahissante, la plus éphémère dans le bon sens, à savoir dans le sens que l’on crée avec fatigue et application la beauté, qu’on la savoure et puis qu’on la laisse s’évanouir naturellement sans regret  ? On pourrait penser aux sculptures de sable ou de neige, aux dessins des Madonnari, aux mandalas bouddhistes ou également à certaines formes de Street Art, sauf que celles-ci ne disparaissent pas vite.  Mais Lucia est un membre du groupe Opificio 4 de Noto (présidé par Giampaolo Leone), lié à l’Association Internationale des Arts Ephémères, et l’art éphémère le plus pratiqué par le groupe est celui de l’ Infiorata (tapis de fleurs), dans lequel on réalise, avec les pétales des fleurs, des tableaux qui servent de tapis à des processions ou à d’autres manifestations. Le premier a été organisé à Rome le 29 juin 1625 lors de la fête des Saints Pierre et Paul, puis Gian Lorenzo Bernini lui-même a pris soin de  préparer quelques infiorate et c’est sans doute lui qui en a diffusé la pratique dans les Castelli romani, notamment à Genzano, où on les met en place, depuis le XVIII siècle, pour la procession du Corpus Domini. Au fil du temps la tradition s’est répandue dans beaucoup d’autres villes italiennes et même étrangères  ; il y a 37 ans, un jeune de Noto a admiré l’ Infiorata de Genzano et il l’a transplantée dans sa ville.Les pétales de l’ Infiorata ressemblent aux pièces d’une mosaïque, c’est pourquoi à Venise, marquée par l’empreinte byzantine, cette technique de composition a un air familier, d’autant plus  si la mosaïque est composée de cristaux de sel. Les classes de Lucia suivent la filière artistique et sont investies dans le projet pilote «  Grandir avec art  » conçu par l’enseignante Anna Gigoli. Soumis à l’approbation du Conseil des enseignants, du Proviseur Roberto Baretton et de l’adjoint au Maire pour le Sport, le Tourisme et le Spectacle Paola Mar, le projet Iles en sel a donc rencontré un consensus unanime et enthousiaste. Son sujet concerne les cinq plus grandes  îles de la lagune  : Murano, Burano, San Lazzaro degli Armeni, Sant’Erasmo, Torcello. En collaboration avec la Polisportiva Venexiana de Gloria Rogliani, championne d’aviron qui connaît profondément l’écosystème lagunaire, les élèves ont parcouru les îles en dragon boat et en vaporetto et ont acquis des connaissances historiques et géographiques de cet environnement. Les jeunes de seconde ont pris des photos dont leurs camarades de première se sont inspirés pour tracer des dessins qui ont été transférés sur cinq panneaux rectangulaire, remplis ensuite de sel coloré par les garçons et le filles avec les maîtres de Opificio 4 et disposés en étoile  ; chaque panneau représente une île, tandis que dans le sixième panneau au milieu de l’étoile il y a l’allégorie de Venise tenant dans sa main le logo UNICEF (L’Etablissement Morosini est l’une des quelques écoles italiennes ambassadrices de l’UNICEF). Les panneaux vont occuper le sol de Campo San Geremia du 28 mai jusqu’au 8 juin. Dans une sorte d’expérience d’art total, l’exposition des panneaux sur la place sera accompagnée d’un concert de l’orchestre à cordes de l’Académie de Musique G. Verdi (musiques de Galuppi et d’autres auteurs vénitiens) et d’un bref spectacle théâtral de l’Association Arte-Mide sur la dentelle de Burano (projet promu par la région Vénétie et par l’UNESCO. Puis les cristaux de sel disparaîtront de la place  ; ils pourraient être balayés comme un mandala qui évoque la caducité des choses et leur renaissance (la destruction étant nécessaire à la création d’une nouvelle vie) et qui éduque à vivre l’instant intensément. Cependant Lucia espère que chaque panneau puisse revenir à l’île d’où il provient, et y rester. Il est inévitable de renvoyer à l’œuvre du grand poète vénitien Ugo Foscolo, qui voulant relancer le message de vie des classiques, du triomphe de la création sur le destruction, a alterné dans son écriture des symboles de fécondité liés à l’eau avec des symboles de mort liés à l’aridité, montrant également la duplicité de chaque symbole. Dans A Zacinto, les côtes  sacrées de l’île évoquaient un mot latin, sponda, qui pouvait signifier aussi cercueil  ; le corps qui y avait été couché étant enfant évoquait, comme le corpus latin, également le cadavre  ; l’Ithaque où Ulysse était revenu était rocailleuse… comme la Venise de Le pietre e il sale. Après l’enterrement du poète en terre étrangère, son art, éphémère ou capable de rester dans la mémoire humaine, serait pourtant une source de nouvelle vie.